FATHERSNAKE ON THE ROAD

Blog di corsa, ma non solo, di un runner per metà rocker e per metà podista.

giovedì 30 dicembre 2010

Cimitero e ritorno

immagine da http://www.blog.sakkoo.com
Trecento metri, decina più, decina meno: è la distanza di casa mia dal cimitero di Borgofranco, teatro di sei ripetute della distanza sopra specificata. Ripetute in salita, perché il cimitero sta abbarbicato su un fianco della collina di Montebuono, mentre io abito in basso. Solo sei ripetute da trecento? Quando mi trovo davanti ad allenamenti dal magro chilometraggio, penso sempre ad una trappola. Oppure ad un errore di digitazione, od una dimenticanza della trainer, che ogni settimana, puntualmente, mi spedisce via mail i compiti. Sì, solo sei da trecento, ma questo dopo i tredici chilometri progressivi iniziali da 5’ a 4’15 al chilometro che ho dimenticato di aggiungere. Oppure: sì, solo 6 da trecento, ma salendo con una gamba sola, in apnea. O ancora: sì, solo sei da trecento per evitare che ti affatichi troppo in vista del lungo di cinquanta chilometri che ti spetta la prossima settimana.
Però io mi fido della precisione della trainer  e quindi eseguo fedelmente. Del resto, se rispetto alla lettera gli allenamenti più duri, è sacrosanto che lo faccia anche per quelli meno.
Il 9 gennaio si riprende con le competizioni. La scelta sarà tra due gare nessuna delle quali mi attira particolarmente. Il cross di Scarmagno, dal punto di vista logistico, è più fattibile, ma dai racconti dei blogger ormai mi figuro il cross come una competizione a metà tra la gara dei tori di Pamplona (occhio agli zoccoli degli altri runners) ed una gara tra le paludi della Louisiana, dove se fai un passo falso le pozzanghere ti risucchiano. Poi non capisco..ma nelle gare di cross se il fango non c’è lo portano artificialmente? Come nelle piste da sci quando non nevica?
Altrimenti un mini trail di quattordici chilometri in quel di Valduggia (dalle parti di Borgosesia). Un po’ meno agevole da raggiungere. Altra competizione, il trail, cui non mi sono mai dedicato, pur avendo corso nei boschi spesso da ragazzo. Ne entravo indenne e ne uscivo con i vestiti ridotti ad un insieme di stracci multicolori a causa dei rovi, sopratutto quando avevo l’erronea sensazione di essere inseguito. Se invece, in alternativa, riuscissi a scovare una garetta da 10 chilometri o poco più su comodo asfalto o sterrato (senza sabbie mobili) sarebbe l’ideale. Magari piatta, magari con un rinfresco invece di un ristoro.
Ecco, mi sto rammollendo. Tra un po’ correrò in pantofole.
p.s

AUGURO a tutti, per l'imminente 2011, tanti PB nella vita, oltre a che nelle corse.

lunedì 20 dicembre 2010

Si può essere eroi, anche solo per un giorno (Corri per Telethon-Brandizzo)

Quando una competizione è immediatamente successiva ad un concerto, nutro sempre timori per lo stato della mia schiena. Suonare non significa soltanto dimenarsi su un palco per due o più ore, ma anche e soprattutto, montare (e poi smontare) l’impianto, fare un “check” dei suoni, e poi attendere l’ora in cui il gestore decida l’inizio del concerto (che può variare dalle 22.30 alle 23.30). Si sta in piedi per molte ore e quindi si suona, ed i quattro chili del basso a tracolla, pur esigui di per sé, dopo due ore e mezza cominciano a reclamare la loro attenzione su una schiena non in perfetta salute.
La mattina di ieri comunque, non stavo malaccio, pur con sole cinque ore di sonno alle spalle.
La gara
In piazza Carlo Tempia due piccoli stand Telethon:  uno per le offerte e l’altro per le iscrizioni alla gara. Il mio nome e cognome è aggiunto ad una lista che comprende, fino a quel momento, una decina di persone.
Torno in auto ad attendere, mangiando distrattamente alcune mandorle sgusciate ed osservando il corricchiare riscaldante di alcuni runners. Mia madre va a comprare alcuni Gratta e Vinci, ma ci sarà solo un gratta.
Mancano venti minuti: ok, è meglio se mi scaldo anch’io. Faccio per allacciarmi il Garmin al polso
“batteria scarica”
Ok, oggi si corre forzatamente a sensazione.
La piazza si è fortunatamente animata; a occhio però non si superano le cinquanta unità.
 Due giri da compiersi: dodici chilometri circa, la maggiore parte sterrata, lungo il percorso naturale del  PO. La partenza sembra quella di un gruppo di persone che ha scelto di allenarsi assieme. Sono in fondo al gruppo e alcuni stanno chiacchierando.
Poi però l’agonismo prende il sopravvento: uno sguardo davanti e si palesa la solita serpentina allungata delle vere gare, con davanti a un impavido runner smanicato e sgambato che si sta allontanando a vista d’occhio.
Dopo aver visto e rivisto il filmato della gara in Sicilia, che mi è stato molto utile nel rivelarmi la mia sbilenca andatura, è all’ordine del giorno prestare attenzione alla corretta tecnica di corsa.
Sguardo avanti, angolo tra braccio e avambraccio non troppo accentuato, posizione della schiena già ok ma il sedere va meno in lordosi.
Nel frattempo, senza sforzarmi più di tanto, cerco di non farmi distanziare troppo dai primi.
Lo sterrato, pur con occasionali gobbe-tracce di pneumatici irrigidite dal freddo-è largo agevole da calpestare. In alcuni tratti si può abbandonare per seguire vie su ciuffi d’erba un po’ più morbidi.
Di sorpasso in sorpasso mi rendo conto (sensazione inedita) di avere più gente dietro che davanti.  In lontananza un duo imprendibile, poi due sparuti gruppetti tra cui un duo-uomo cane.
Il primo giro termina e quando ripasso per la piazza, sento mia madre che mi grida qualcosa come.
SEI DRITTO !”
Nel senso che ho una buona postura? Meno male, si vede che mi sto controllando bene.
Oppure nel senso che sono UN dritto? Che sto, insomma interpretando la gara nel modo giusto e più furbo?
Mi rivelerà poi che la frase era
"SEI QUINTO”.
C’è un intero giro ancora da percorrere. Alla mente affiorano i soliti dubbi sulla tenuta. Privo del garmin posso fidarmi solo delle sensazioni, e queste ultime mi dicono che non sto per niente rallentando. Me ne accorgo anche dal fatto che sto recuperando su quelli davanti a me. Il duo uomo cane fila, ma il correre dell’uomo, pur veloce, non è fluido poichè attenzione del cane, a tratti, deve essere richiamata alla strada davanti.
Non ti curar di loro, ma guarda e passa
Li supero.
Dopo alcune centinaia di metri, con stupore, scorgo i due di testa che immaginavo già a casa sotto la doccia visto il distacco, che mi si avvicinano attraversando un prato alla mia sinistra. Intuisco abbiano sbagliato strada e, infatti, è così. Si riportano in testa con decisione (sono un ragazzo e un ragazzino) e si riallontanano nuovamente e neppure provo ad aggregarmi.
Altro sorpasso e sono in terza posizione. Quanto manca, accidenti?
Sento un vociare alle mia spalle, ma non mi giro, non voglio perdere neppure un secondo e temo che la vista dell’approssimarsi di altri alle mie spalle possa demoralizzarmi. Do più impeto alla mia azione di corsa, approfittando di un tratto con sterrato più liscio fino a che dietro me non esiste che il silenzio.
Un leggero ansimare mi dice però che non sono solo ed ecco, infatti, sbucare alla mia sinistra un runner con passo veloce più del mio.
Non manca molto. Ora la mia unica preoccupazione è chiudere la gara senza subire altri sorpassi. Lo sterrato diventa asfalto e mi ritrovo a percorrere l’ultimo chilometro tra le strade di Brandizzo. Sparuti applausi. Ormai sono quarto. Il vincitore mi batte un cinque.
Non c’è classifica e non ci saranno premi, visto il carattere solidale della manifestazione (vogliamo mettere però il piacere di due bei bicchieri di cioccolata calda?)
Il mio più grande regalo è stato quello di poter finalmente correre una gara davanti.

We can be heroes, just for one day.
Saluti a tutti.




martedì 14 dicembre 2010

Fathersnake nel monte delle lepri (5° TROFEO PODISTICO MARIA SS IMMACOLATA, Montelepre)


Che strana sensazione essere qui, oggi, 8 dicembre, tra le strette vie di questo paese il cui passato è indissolubilmente ed inevitabilmente  legato alle vicende del bandito Salvatore Giuliano, capo di un gruppo di separatisti, di cui si è parlato in questi giorni per le riesumazione del cadavere, atta ad accertarne l’identità mediante test del DNA.  E’ una bella giornata di sole con venticinque gradi di temperatura. Ho rispolverato con molto piacere una maglietta smanicata e pantaloncini al ginocchio. La gara cui parteciperò è la prova finale di un circuito podistico denominato BioRace-Game Grand Prix Fidal UISP.
Trovato parcheggio per intercessione della Madonna, visto l’assedio di auto per le ripide e anguste vie cittadine, mi presento al tavolo delle iscrizioni: 5 euro per un pacco gara comprendente una bottiglietta di acqua, una t-shirt a colori (non sarà tecnica ma mi piace) con la riproduzione della locandina della manifestazione, un flaconcino di eau de toilette ed una automobilina in materiale plastico (simil gomma). Allungo la mano con venti euro e mi allungano una scatola di latta piena quasi all’orlo di banconote:
 -Mettili qui e prenditi il resto-
E’ una dimostrazione di fiducia che mi colpisce favorevolmente.
Montelepre celebra  l’Immacolata e festa e gara si compenetrano:  la gara diventa anch’essa festa. Per i viicoli e le strade con pendenze da villaggio montano, non certo lindi ed ordinati,  si respira un aria di antica, dignitosa decadenza, di ordinato e consapevole caos. Da uno d’ essi un forte ed acre odore di macerazione colpisce forte le narici e mi chiedo come ci si possa convivere.
Anziani con l’abito bello passeggiano a coppie, sostano in capannelli, si affacciano dai balconi.
Sette giri da 1 chilometro. Nel timore isterico che si ripresenti il dolore al fianco destro dell’allenamento di alcuni giorni fa  assumo una pastiglia di buscopan; non sono venuto fin qui per rischiare di fermarmi  prima del tempo, tuttavia conscio che alimentare le paure non sia il modo migliore per sconfiggerle.
Non c’è respiro in questo corto circuito fatto di salite ripide e discese, a mo di montagne russe e quasi inesistente pianura. C’è una corta discesa dopo la partenza  ed ecco un tratto sterrato, che porta a percorrere verso l’alto un sentiero di terra rossa lungo un curato boschetto  d’alberi di basso fusto. Poi si scende, neanche 100 metri di pianura e si risale verso piazza Ventimiglia, dominata dalla torre omonima, sede di partenza e arrivo. Al primo passaggio lo speaker Mimmo Piombo, Presidente Regionale della Lega Atletica UISP Sicilia mi presenta al pubblico assiepato alle transenne  come fossi un atleta di spicco venuto apposta per vincere. Quando senti il tuo nome rimbombare dalle casse di altoparlanti la cosa non può che farti piacere. Aumento in modo baldanzoso ma  imprudente  la velocità. Terminato il primo giro, e qualche metro,  ecco che i primi mi doppiano. In confronto alla loro andatura, il mio sembra il corricchiare discreto di un orsetto che odia le salite. Mi sento pesante. Provo  fatica e caldo. Sapevo che non sarebbe stata una passeggiata, ma speravo in un po’ più di pianura per rifiatare. Nel secondo giro si insinua nella mia mente il dubbio di riuscire a sopravvivere per i restanti  cinque. Patisco, ma raccolgo comunque le residue forze per transitare ogni volta in modo composto e dignitoso nel punto in cui maggiore si raccoglie la folla. Una folla che incita e sostiene, che partecipa ed infonde entusiasmo.
Come in tutte le gare in salita di quest’anno, mi piazzo dopo la metà classifica:  44esimo su 70.
Ed ora al ristoro. Con mio grande stupore porgo il bicchiere per un po’ di the e me lo riempiono di vino. Solo vino rosso in un capiente contenitore. Mi ristorerò altre 4 volte.  E poi, dall’ingresso dell’African bar, davanti al quale c’è ressa, escono vassoi su vassoi di vastedde cunzate: grossi panini di rimacina caldi al sesamo conditi con olio nuovo locale. Gratis per tutti. I vassoi non fanno in tempo ad uscire che una selva di mani li svuota anzitempo. Dopo un’attesa vana sulla soglia entro direttamente nel bar e me ne impadronisco. Uno per me ed uno per la mia morosa camerawoman.
Si fanno strada tra la folla due uomini,  camminando a braccetto. Uno di essi regge avanti a sé un piatto pieno di monete e banconote. Offerte per la Madonna. Deposito cinque euro e ne ho, in ritorno, un'immaginetta e, spero, un aiuto futuro per battere i 4.
Saluti a tutti!

P.s.
Guardatevi il filmato del post precedente al minuto 3.42; quel podista con il numero 431 ha settantotto anni. Confrontate la sua velocità con la mia…
E non aggiungo altro



giovedì 2 dicembre 2010

Quel destro dolor che non t'aspetti

L'omino virtuale, vincitore dell'allenamento. Vigliacco.


Epilogo insolito per l’allenamento di stasera. Arrivo da lavoro, mi cambio in fretta ed esco ad affrontare un allenamento sulla carta poco impegnativo: un’ora da farsi a ritmo istintivo. Fa freddo, e non è una novità per nessuno di quelli che continuano ad allenarsi in questo periodo.

Spingo un pò, perchè va beh che è istintivo, ma non mi va di scoprire sul Garmin, a fine lavoro, dei tempi blandi. Durante i primi chilometri non ho un ritmo brillante, tant’è che l’omino virtuale che ho impostato sul gps a 4’45 al chilometro raggiunge un vantaggio massimo di 100 metri, ma lo sto riducendo aumentando la velocità. Ad un certo punto, dopo 40 minuti, un dolore acuto al fianco destro, poco sotto il costato, mi costringe a fermarmi. “La milza” penso. Sconcertato, appena accenno a correre si fa nuovamente avanti . Cammino per un pò, poi sembra di nuovo tutto okay. Dunque riparto. Ora l’antagonista virtuale è trecento metri avanti. Maledetto, approfittare dei malori altrui per avvantaggiarsi. Recupero un pò, ma il dolore, di nuovo, mi ferma. Niente da fare. Al diavolo! Corricchio fino a casa, deluso sopratutto per non aver concluso l’allenamento, sebbene fosse ormai agli sgoccioli. Su internet scopro cose interessanti, come ad esempio che la milza in realtà è a sinistra (ignurant!) e varie ipotesi su un dolore a quanto pare molto comune, sebbene niente di preciso. Può essere stato il freddo? Oppure che sono partito senza riscaldamento? Va detto che ero a stomaco vuoto. Vi è mai capitato?