FATHERSNAKE ON THE ROAD

Blog di corsa, ma non solo, di un runner per metà rocker e per metà podista.

lunedì 19 settembre 2011

La strada è quella giusta, ma è allagata (mezza di Monza 2011).


Mai presa tanta acqua, durante una competizione, come domenica, a Monza durante l’omonima mezza.
Una doccia quasi continua, con contorno sporadico di tuoni e lampi specie all'inizio, quando mi chiedevo come sarebbe stato, e cosa avrebbero scritto i giornali l’indomani, se una saetta mi avesse incenerito scegliendomi tra altri 2586 podisti.
Altri 359 avevano invece deciso di non partecipare all’avventura, viste le condizioni meteo non incoraggianti.

Ero a Monza dalla notte precedente. Per evitare levatacce fastidiose, infatti, terminato il turno di lavoro alle ventidue, invece di imboccare la strada di casa avevo diretto la prua della mia Ford Fiesta verso la Lombardia, ove l'atrio dell'hotel prescelto mi vedeva soltanto all'una di notte passata, dopo un diverbio, ai limiti della scazzottatura, con il navigatore satellitare. L'indomani, racimolato quello che potevo a colazione, dopo che una torma di giapponesi svegliatisi di buon mattino pure loro aveva spazzolato quasi tutto, chiedevo lumi sul percorso fino all'autodromo all'addetto alla reception: il mio discorso era captato da due tizi che stavano lasciando l'hotel nello stesso momento e uno di essi si offriva di accompagnarmi poiché andavano nello stesso posto, come standisti della Hunday. Pur non capendo cosa centrasse la Hyundai con una mezza maratona accettavo di buon grado e seguivo il furgoncino bianco come uno spillo una calamita. Purtroppo i tanto sbandierati "semafori intelligenti" della vigilia comandati dai vigili urbani non avevano impedito una lunga coda assurda sul vialone di Vedano che ci faceva perdere più di venti minuti per fare tre km. Dentro il parco, gli infangati parcheggi erano già ai limiti della capienza, ma riuscivo a piazzare l'auto in un punto strategico non troppo lontano dalla zona della tribuna centrale, centro delle operazioni. Nel frattempo continuava a piovere. Ritirato il numero, mi dedicavo a un po’ di stretching, pur nella difficoltà derivante dall'eseguirlo con l'ombrello in mano. Di lì a poco eravamo tutti schierati sulla linea di partenza della’autodromo. Dall'altoparlante si giustificava un ritardo nella partenza. Capto brandelli di frasi: "protezione civile... vostra incolumità... acqua... pazienza... qualche minuto". E immagino che un tratto di percorso debba essere sistemato prima del nostro passaggio. Trascorreranno dieci minuti, prima che il semaforo della formula uno ci dia il via, quando ci ritroviamo a correre sotto la pioggia insistente di una grigia mattina.
Prima della partenza ho deciso di non considerare il garmin, che rimarrà al polso quasi ignorato. La mia decisione preventiva era di controllare il tempo impiegato per giungere ai dieci km, evitando così di farmi condizionare psicologicamente e dare il via al solito balletto di occhiate sul polso sinistro. Usciti dal veloce tratto all'interno del circuito, dopo circa 5 km, il percorso ci porta a sfociare nei viali asfaltati del parco adiacente.
"A sinistra, state a sinistra" ci raccomanda qualcuno. Sto a sinistra, ed evito così per poco una grossa pozzanghera.
Tutto quiCi hanno fatto partire dopo dieci minuti per questo?
Le pozzanghere si potevano evitare, ma non i sottopassi, completamente invasi dall'acqua.
Era come guadare un fiume, con l'acqua alle caviglie e i piedi che ne ricavavano uno SWOOSH.
Ammetto che non fosse neppure così traumatico avere i piedi in acqua, per la sensazione di freschezza che ne derivava.
Più fastidioso invece risalire dai sottopassi (ne seguiranno altri), sopratutto con l'aumentare dei km che mi lasciavo alle spalle. Al decimo km dò finalmente uno sguardo al tempo impiegato per giungere fin lì.
48:00
Non male, mi pare. Ai limiti del pb personale, se avessi continuato con questo ritmo.
Non c'è più brillantezza nella mia azione di corsa, però, ed allora spero in un "risveglio" muscolare dopo il 14esimo km, come successo in gara una settimana prima. Passiamo accanto al Lambro, e la sua impetuosa corrente incute timore. Nei pressi di qualche crocicchio incontriamo sparuti gruppo di spettatori e ne ricaviamo qualche applauso, parola d’incitamento, e un po’ di compatimento.
Al 14esimo km, anziché risvegliarmi, sento che i muscoli delle gambe si sono induriti, tanto che al ristoro successivo decido di camminare un po’ e la ripresa di corsa mi regala un po’ più di slancio aggiuntivo.
Il percorso non è completamente pianeggiante, con qualche leggero strappetto spacca gambe. Appena il percorso punta verso l'altro, pur se di poco, fatico; segno questo che di benzina non ne ho più molta, in barba al risveglio.
Davanti a me scorgo altre due maglie Happy Runner e mi concentro per raggiungerle, come obiettivi secondari. Riesco nell'impresa di raggiungere una di queste:
" Ciao, io sono Andrea, e tu?"
"Gianfranco"
E riusciamo ad ottenere una o due foto insieme.
Nelle battute finali i muscoli tornano a indurirsi e questa volta c'è ben poco da fare. L'autodromo ci dà il benvenuto per la seconda volta, con un frastuono di rumori, frenate e derapate. Passiamo accanto ad una manifestazione motoristica che sembra un corso di guida alla Fast and Furious (da qui si spiega lo stand della Hyundai.)
Nel frattempo si scatena un altro acquazzone.
Il gonfiabile di arrivo che noto a 500 metri, sembra volersi allontanare anziché avvicinare. Il Garmin mi riporta 21.900??
Saprò che il percorso mezza era stato variato e allungato (da qui si spiega invece il ritardo iniziale).
Pacco gara povero (un asciugamano) e torno a correre, questa volta verso l’auto, per evitare di rimanere preda di un ingorgo post gara.
Real time 1:45:35 su 22,27 km. Meglio di Biella, meglio di Trecate. Non meglio di Brescia, ma la strada è quella giusta per tornare a tempi più rispettabili, ed io al freddo corro meglio.
Dovrei prestare più attenzione però alla seconda parte di ogni gara, perché in quest’ultima, ad esempio, ho perso almeno un centinaio di posizioni.
Un saluto a tutti!



 Foto da: www.fotopodisti.net

mercoledì 14 settembre 2011

Il vento del cambiamento

Il mio basso ha trovato casa: si tratta degli "Unbreakable", tribute band dei grandi Scorpions, il cui bassista ha dovuto lasciare per problemi personali. Ebbene, eccomi a subentrare. Volete mettere il piacere di rispolverare su un palco classici come "Wind of change", "Rock you like an hurricane", "Still loving you?". 
Per ora ho imparato mezza scaletta, pur senza affrontare i cori. Tempo ne ho a sufficienza, perché il prossimo concerto è fissato per il 29 Ottobre, al Cavalcavia Pub di Collegno (TO)
I successivi:

il 5 novembre 2011 @ Il Maglio Torino - Torino
il 18 novembre 2011 @ La Cantina Pub - Cuorgnè (TO) 
Altri ne verranno.

Gli Scorpions, con i nuovi inserti  James Kottak (batteria) 
ed il polacco Pawel Maciwoda al basso sono tutt'ora in tour, a portare ovunque nel mondo i loro cavalli di battaglia, ormai veri e propri "anthem", insieme alla canzoni del loro nuovo "Sting in the Tail", diciassettesimo album in studio. Pare che alla fine della lunga tournèè  si separeranno consensualmente. Sarà vero?

lunedì 12 settembre 2011

Il duathlon di Father ed altre amenità podistiche.

"Non ci ho guardato".

Conclusa podisticamente la settimana scorsa con la mezza di Trecate, test più amaro che dolce in vista di Monza che mi ha visto ancora lontano dalla forma migliore, lunedì sono partito per una breve vacanza a Porto Viro (Ro). Naturalmente, sono riuscito a scovare una garetta anche da quelle parti, in provincia di Ravenna, ad Alfonsine. Una serale non agonistica non competitiva seppur faticativa, di 8 km tra strade cittadine e campi. Avendo dimenticato il Garmin, chiedo info in corsa sulla media tenuta, che mi pare buona, a un podista che mi affianca: "Non so, ciò solo i minuti". All'arrivo chiedo a quello arrivatomi immediatamente prima: "Non so, non ci ho guardato". Tento con quello arrivato subito dopo: "Non so, non ci ho guardato". Conclusione: in Romagna di medie e tempi non frega poi tanto.


SABATO? Duathlon!


Perché non provare? Gara vicina (Pont Saint Martin), alla portata di tutti (5 km di corsa a piedi, 15 di mountain bike, altri due di corsa) e mia madre che insisteva perché finalmente usassi a dovere, almeno per una volta, la mia mountain bike che stava prendendo polvere, accanto alla bici da corsa anch'essa mai più utilizzata.
M’iscrivo via internet e sono già lì, nei pressi della sede della Thermoplay, organizzatrice della gara. Sembra di essere a una festa, con musica a tutto volume e folla vociante. Una piacevole, multicolore confusione tra cui spicca un gruppo di francesi con trombe da stadio e bandiere nazionali sventolanti in un pomeriggio di sole in cui l'onnipresente vento valdostano non riesce a scacciare un caldo appiccicoso. Alla gara si poteva partecipare in squadre (ogni elemento delle quali impegnato in una o più frazioni) oppure singolarmente, come ho fatto io. Mi faccio spiegare più volte la dinamica della competizione, e trascorsi almeno dieci minuti per sistemare in modo decente il numero sulla mtb, fremo perché non trovo il mio numero sulla rastrelliera ove appendere le bici in attesa della seconda frazione salvo poi scoprire, dopo aver allarmato mezza organizzazione, che avevo cercato il mio numero, pari, sulla rastrelliera di quelli dispari. Mi scuso con uno degli organizzatori, che armato di nastro biadesivo, stava già cercando di rimediare alla mancanza.
Tra la folla volti noti di gare UISP, più di quanto avrei immaginato.
Allo sparo, siamo incitati da un tifo caldissimo, mentre in aria è proiettata una miriade di nastrini multicolori. Davvero emozionante.
La prima frazione di gara, i 5 km a piedi, mi vede patire e arrancare, forse per il caldo. Il percorso non è tutto asfaltato e in piano, prevedendo alcuni tratti in sterrato (tra cui l'attraversamento di un grande prato) e due rampette, di cui la seconda ci porta sul ponte romano. A Pont Saint Martin, dopo essere transitati tra due ali di vociante folla bambinesca siamo accolti dal ritmo incalzante e trascinante di tamburi africani al cui suono danzano alcune ballerine. Il suono mi dà la carica per un allungo, che si spegne, però dopo neppure 500 metri Incombe fiacca su di me, neanche mi portassi dietro il carico di chissà quali allenamenti.
Con fiacchezza inizio e con fiacchezza termino la prima frazione: la mia MTB mi aspetta sulla rastrelliera!
Cambio le scarpe e infilo il casco in quello che mi sembra un tempo interminabile, ma ne approfitto per riprendere fiato. Salgo sulla bici nella zona consentita, dopo averla accompagnata a piedi fin lì a mano, come da regolamento, e via per la successiva frazione: quindici divertenti km di un percorso molto vario e nervoso, tra sgommate e polvere e ricordi affioranti di un passato ciclistico. Guadagno addirittura qualche posizione. Mi chiedo a un certo punto, distrattamente, perché quando transito nei punti di controllo non si avverta un "bip" come per tutti gli altri e poi archivio quest'info nei recessi della mente, preso dalla frenesia delle pedalate. Quando deposito la bici nella rastrelliera, le gambe non sembrano saperne di rimettersi a correre per gli ultimi 2 km a piedi. Ho l'andatura di uno jogger domenicale, e mi trascino fino all'arrivo.
Per ritirare il pacco gara mi richiedono il chip. 
"Chip?". 
Il chip era rimasto in fondo alla busta consegnatami all'atto dell'iscrizione e non me n'ero accorto, preso com'ero dal modo migliore di attaccare in modo più visibile possibile il numero alla MTB.
Ho corso da fantasma.
In ogni caso, visto il tempo impiegato per ultimare l'intera gara, non avrei certo figurato tra le migliori posizioni, e va bene così.


Quel decimo posto che non t'aspetti.


Il giorno dopo, domenica, mi sveglio di buon'ora, controllo i km percorsi in settimana, e mi accorgo che sono davvero troppo pochi.
Di gare in programma ce ne sono diverse e ne scelgo una, FIDAL, a San Giusto vuoi per la vicinanza, vuoi per il chilometraggio (17 km) che mi consentirebbe di rimpolpare l'esiguo numero di km fino ad allora percorsi.
Le gambe sono ancora frollate dal duathlon, così non ho in programma di finirla, ma solo di percorrere quanti più km possibile.
Sorpresa iniziale: solo settanta partenti, la maggior parte appartenenti alla famiglia Young, che per chi non lo sapesse conta in totale 340 elementi, tutti podisti. Il migliore, Edward, oggi si allena soltanto, come fece l'anno scorso. La concomitante gara di Trana e del campionato UISP canavesano a Casalborgone hanno decimato le fila dei partecipanti. Mi piazzo in fondo, preparandomi alla faticaccia, chiedendomi per quanti km le gambe sosterranno la fatica. Primo chilometro, e penso già al ritiro. La maledetta afa si fa ancora sentire, ma alcuni tratti nel sottobosco permettono un temporaneo rinfresco. A ogni ristoro (e sono tanti, per fortuna) cammino senza alcuna fretta, bevo tranquillamente e riparto. Adotto un’andatura al risparmio e viaggio a quello che posso, sui 5' di passo medio.
 A ogni km mi domando "che faccio, mi ritiro ora?" e mi rispondo "un po’ più in là". A forza di "un po’ più in là" arrivo al decimo km. 
A questo punto, la possibilità di finire l'intera gara si fa concreta. Ritirarsi? Troppe volte l'ho fatto nel ciclismo e non voglio creare precedenti. Continuo.
Settanta podisti, in un percorso così lungo, si disperdono, e fanno gara solitaria. Così la mia.
Vado piano, ma lo fanno tutti, a quanto pare, a parte i soliti imprendibili là davanti.
La metamorfosi imprevista avviene al 14 km.
Sarà che mi ero idratato a ogni ristoro, oppure che avevo corso al risparmio, da lì in poi comincio a ingranare e accelerare. Supero due che si fanno da parte e m’incoraggiano con un "bravo" (che sportività!), ne supero un'altro che si fa da parte dicendo "mano male che c'è qualcuno che tira" e tenta di seguirmi ma cede, supero un coriaceo podista con bandana e punto a un altro che affianco a 500 metri e supero in vista dell'arrivo.
Decimo di categoria e, per la prima volta, premiato. Non è tanto questo a rendermi soddisfatto della gara (ovvio... i partecipanti erano davvero pochi) ma il fatto di non aver mai ceduto.
Di forza, evidentemente, ne serbavo ancora e una progressione simile è un buon viatico in vista di Monza.
Gara di Alfonsine: l'arrivo di mia mamma, che vince in 27':30''
Un saluto a tutti!
Trecate: sembro fermo, invece ero proprio fermo.
 (thanx to Arturo Barbieri)